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Stupro: quando un no significa davvero no?
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Stupro: quando un no significa davvero no?
Come si può misurare il consenso? E, soprattutto, come lo si dimostra? Non sono solo questioni legali, ma temi di grande rilevanza sessuologica, con un impatto significativo sulle relazioni intime e sulle dinamiche sociali.

Secondo l’Istat, la responsabilità dello stupro è spesso attribuita alle donne: ecco perché è un errore
I dati dell'Istat del 2019 rivelano che il 40% della popolazione ritiene che una donna sia perfettamente capace di evitare un rapporto sessuale se davvero non lo desidera, attribuendo quindi parte della responsabilità persino in caso di violenza sessuale. Inoltre, oltre la metà di questi individui, sia uomini che donne, pensa che le donne possano provocare uno stupro attraverso il loro abbigliamento o atteggiamento.

Stupro: il fallimento della virilità
Recentemente, la Danimarca si è unita a 12 altri Paesi dell'Unione Europea, tra cui Belgio, Germania, Grecia e Irlanda, che hanno tradotto in legge la Convenzione di Istanbul, che definisce lo stupro come un "rapporto sessuale senza consenso". E in Italia? Amnesty International ha lanciato una petizione rivolta al ministro della Giustizia, chiedendo la revisione dell’articolo 609 bis del codice penale. L’obiettivo è punire qualsiasi atto sessuale non consensuale, valorizzando l’importanza del consenso piuttosto che concentrarsi esclusivamente sulla violenza o la minaccia, allineando così la legislazione italiana agli standard internazionali.

Lo stupro, così come la violenza di genere e qualsiasi forma di abuso sessuale, non è solo un crimine abominevole e ingiustificabile, ma anche un totale fallimento della virilità. Questo atto non trova alcuna giustificazione nella cultura, nell'educazione, nella religione e nemmeno negli ormoni o nella biologia, nonostante la sua presenza in natura.

In altre parole, chi compie una violenza sessuale è un impotente, anche se fisicamente capace di portare a termine l’atto. Uso il termine "impotente" non per riferirmi alla disfunzione erettile, ma per sottolineare la mancanza di capacità di sedurre nel senso etimologico di "condurre a sé" senza ricorrere alla forza o all’inganno. In sintesi, il violentatore è un perdente, meritevole delle pene più severe. Per questo motivo, è auspicabile l'adeguamento del codice penale italiano alla Convenzione di Istanbul.

Consenso sessuale: come viene misurato?
La questione del consenso solleva numerosi interrogativi. La nuova normativa europea, adottata anche dalla Danimarca a partire dal 1° gennaio di quest’anno, rischia di alterare le dinamiche tra i sessi? Come si misura esattamente il consenso? E, soprattutto, come può essere dimostrato? Questi non sono solo temi legali, ma anche di grande rilevanza sessuologica, capaci di influenzare profondamente le relazioni di coppia e il tessuto sociale.

È indiscutibile che le leggi sul consenso siano un passo necessario per correggere millenni di abusi maschili nei confronti delle donne. Anche se il codice civile italiano da tempo subordina il diritto ai rapporti sessuali coniugali al consenso reciproco.

Violenza nei divorzi: una strategia pericolosa
Nelle cause di divorzio, dichiarare che il coniuge abbia esercitato violenza fisica o psicologica nei rapporti sessuali può diventare un’arma potentissima per ottenere vantaggi economici, associati spesso a una condanna penale e alla "morte civile" del partner. Adeguare il codice italiano agli standard della Convenzione di Istanbul potrebbe rendere tali accuse, stavolta rivolte al contrario, molto più facili da formulare, aumentando il rischio di false denunce.

Violenza sessuale: "no significa no"
È quindi indispensabile un meccanismo di tutela, un vero correttivo, per preservare il concetto di consenso come elemento chiave nei rapporti sessuali. Questo correttivo dovrebbe prevedere pene severe per chi mente e accusa ingiustamente persone innocenti. Chi, in modo rispettoso e senza pressioni, tenta di sedurre un’altra persona, non può essere colpevole. Altrimenti, lo slogan “No Means No” perderebbe il suo significato, poiché affinché qualcuno possa dire “no”, qualcun altro deve prima chiedere. Non può esserci colpa nel fare una proposta o nel manifestare interesse; la responsabilità nasce nel non rispettare i segnali, verbali o comportamentali, che indicano un rifiuto.

Educare al consenso
Le relazioni tra i sessi, così come quelle tra persone, sono complesse e difficili da regolamentare perfettamente tramite una legge. Tuttavia, una legislazione può e deve fungere da guida. È per questo che si parla di "spirito della legge", poiché chi giudica deve comprendere l’intento del legislatore e agire con coscienza.

Un esempio di eccesso nell'applicazione di leggi sul consenso si osserva in Paesi come la Svezia e la Francia, dove si punisce severamente chi usufruisce dei servizi delle prostitute, senza considerare che non sempre si tratta di schiavitù o coercizione. Applicare il concetto di consenso in modo rigido o ideologizzato può portare a risultati paradossali e sessisti, seppur in senso contrario.

Violenza sessuale: il movimento #wetoo
Se tra adulti consenzienti si svolge un’attività legale, come il sesso, non dovrebbe esserci spazio per colpevolizzazioni.
Non sempre (anche se troppo spesso) esiste una vittima femminile, come indicato dal movimento #metoo. L’obiettivo è sensibilizzare tutti al rispetto del genere, in particolare gli uomini cresciuti in una cultura maschilista e patriarcale, influenzati da una pornografia violenta che normalizza fantasie di biastofilia, ossia atti o simulazioni di stupro nei confronti di persone non consenzienti.

Il percorso per emancipare gli uomini da una mentalità di "impotenza" è ancora lungo e complesso.

Educazione e responsabilità: un cambiamento necessario
Se è vero che molte donne non trovano la forza o il sostegno necessario, sia sociale che familiare, per denunciare il proprio aggressore, è altrettanto vero che è fondamentale educare le madri e le nonne che, vittime a loro volta, trasmettono messaggi errati alle nuove generazioni, creando potenziali carnefici o vittime silenziose. Allo stesso modo, è necessario sensibilizzare e avvertire le donne che agiscono con disonestà e interessi personali, o quelle che, deluse o abbandonate, cercano vendetta per non essere state sedotte. Devono comprendere che la legge, in questi casi, non è dalla loro parte. Infine, anche i politici devono essere istruiti: legiferare su ciò che avviene tra due adulti consenzienti, nella privacy della camera da letto, è inappropriato.

L'appello di Amnesty International per il consenso
La Convenzione di Istanbul, approvata il 7 aprile 2011 dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, afferma: «La violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione basata sul genere, che include qualsiasi atto che possa causare danni fisici, sessuali, psicologici o economici, incluse minacce, coercizioni o privazioni arbitrarie della libertà, sia nella sfera pubblica che privata. (...) Il consenso deve essere espresso volontariamente come manifestazione libera della volontà, e va valutato in base al contesto e alla situazione».

In Italia, l'articolo 609 bis del codice penale, in vigore dal Regio Decreto n. 1398 del 19 ottobre 1930, stabilisce: «Chiunque, mediante violenza, minaccia o abuso di autorità, costringe una persona a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da sei a dodici anni. Alla stessa pena è soggetto chi induce qualcuno a compiere o subire atti sessuali sfruttando la condizione di inferiorità fisica o psichica della vittima al momento del fatto o ingannando la vittima sostituendosi a un'altra persona». Come accade in altre nazioni europee, Amnesty International chiede che il ministero della Giustizia italiano recepisca lo spirito della Convenzione di Istanbul, riconoscendo che lo stupro è un «rapporto sessuale senza consenso», affinché qualsiasi atto sessuale non consensuale sia perseguito penalmente.

Doveri coniugali: un quadro legale e morale
Il codice civile italiano prevede una serie di doveri reciproci tra coniugi:
Il secondo punto, relativo all'assistenza morale e materiale, è spesso interpretato, pur non essendo esplicitamente indicato, come un obbligo di natura sessuale. Tra i doveri di un coniuge, dunque, c'è anche quello di soddisfare, affettivamente e sessualmente, il proprio partner. Questo obbligo può essere considerato una forma di assistenza morale. Tuttavia, se l'affetto tra i coniugi è venuto meno a causa di circostanze complesse e prolungate nel tempo, rientra nei diritti di un coniuge sottrarsi a questi obblighi sessuali. Naturalmente, ciò potrebbe avere delle ripercussioni legali o relazionali.

Quando uno dei due coniugi desidera avere rapporti sessuali e l'altro li rifiuta sistematicamente, il coniuge insoddisfatto può richiedere la separazione con colpa attribuita all'altro, noto come "addebito".

Tuttavia, la giurisprudenza stabilisce chiaramente che, nelle dinamiche matrimoniali, nessuno può rivendicare il diritto a un rapporto sessuale invocando il proprio ruolo di coniuge. Il rapporto sessuale tra marito e moglie deve essere sempre il risultato di una decisione condivisa e mai imposto unilateralmente. Il partner che desidera un rapporto intimo deve comunque ottenere il consenso del coniuge. Se questo viene ritardato o negato senza motivi validi, è possibile prendere provvedimenti legali. Tuttavia, non è mai lecito costringere il partner o minacciarlo con ricatti, come il rischio di separazione o di rovina economica.

Il consenso sessuale deve essere genuino e completo, non forzato o estorto. Sebbene possa non essere sempre facile da dimostrare, esso rimane un elemento fondamentale per un rapporto equilibrato e rispettoso all'interno del matrimonio.

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